Un’insolita giornata lavorativa

In Nicaragua è appena iniziata l’estate, ovvero il periodo secco. Ci lasciamo alle spalle il nostro primo insolito inverno nicaraguense. Non è stato facile associare temperature che raggiungono i 30 gradi con precipitazioni quasi giornaliere. I temporali sono rinfrescanti, ma spesso fastidiosi, soprattutto quando in tarda serata, poco prima di uscire dal lavoro, immancabilmente si scatenano con tutta l’intensità delle piogge tropicali.

Facciamo un passo indietro, precisamente nel mese di agosto, quando il mio lavoro si è svolto totalmente nel campo.

Sono le due del pomeriggio e per la mia collega Delfina ed io è tempo di ritornare nella filiale di Chinandega. Mentre abbiamo quasi terminato con la riunione dell’ultimo gruppo di donne, di una comunità difficile da raggiungere, il cielo si pone minaccioso. Ci affrettiamo a montare sulla moto da cross, percorriamo qualche centinaio di metri, ma già i primi goccioloni scendono impietosi. Troviamo subito un riparo di fortuna. Una tettoia dove 4 uomini si stanno facendo compagnia. Ne approfittiamo per indossare i pesanti pantaloni di plastica e la giacca impermeabile, e do a Delfina il mio modernissimo k-way per lo zaino, visto che lei utilizza un sacco della spazzatura che non sembra proprio a prova di tempesta tropicale. Siamo pronte per ripartire. Uno dei quattro gentil signori ci consiglia di passare per la “via dei manghi”, in modo da evitare il grande fiume che regolarmente si crea nella strada che di solito viene percorsa.

Montiamo in sella ma poco dopo, anche la cosiddetta “via dei manghi” si trasforma in un ostile fiumiciattolo. Il cammino diventa sempre più difficile. L’acqua è insidiosa e il suolo fangoso. Gli schizzi della moto mi inzuppano le mie scarpette convers. Non intuendo che il peggio doveva ancora arrivare, improvvisamente la moto si blocca in mezzo ad una pozzanghera. O meglio ad una piccola laguna!! Non ci resta che scendere e spingere il mezzo in modo da venir fuori da questa tragicomica situazione. L’acqua mi bagna completamente quasi fino alle ginocchia. Gli schizzi che prima mi avevano inzuppato le scarpe erano ormai piacevoli ricordi. Riprendiamo il viaggio. Altra laguna-pozzangera, altra spinta. I tuoni e i lampi sembrano effetti speciali di una ripresa cinematografia di altri tempi. Mentre la pioggia scende senza tregua, mentre lungo il cammino non incontriamo anima viva, mentre vedo il livello dell’acqua aumentare velocemente, penso: “Ci manca solo che si rompa la moto!!!” La fortuna che di solito mi accompagna, mi abbandona improvvisamente. Mai, e da ora dico MAI, pensare a ciò che non vorresti! Il cambio della moto non funziona più correttamente ed in alcuni momenti il motore comincia a girare a vuoto. Penso che sia normale, vista la situazione. Ma dopo due sfrizionate, il motore s’inceppa definitivamente. Scendiamo velocemente. Ci guardiamo. Guardiamo la moto. Delfina gira la chiave per spegnere il motore. Ma con la chiave sull’OFF, il motore continua a girare e ad emettere un suono simile ad un tagliaerba. “Cosa facciamo?”. Non ci lasciamo prendere dal panico. Proviamo a girare la chiave più volte. Cerchiamo di cambiare la marcia, fino a quando la volontà divina decide di far entrare la seconda.

Decidiamo così di riprendere il viaggio, almeno per raggiungere la strada principale ma assolutamente senza mai cambiare marcia. Oltrepassiamo i campi da canna da zucchero fino ad arrivare ad un altro fiume che attraversiamo spingendo nuovamente la moto. Ma dopo il fiume, una lunga salita dove il fango e l’acqua non permettevano di risalire sulla moto. Giunte a fatica in cima, ci fermiamo, riprendiamo fiato ed iniziamo a ridere, mentre passano veloci nella mia memoria le immagine della Smart gialla che mi portava comodamente a visitare i miei clienti svizzeri.

La pioggia si sta facendo più clemente e per raggiungere la strada principale non manca molto, ma il motore decide di restare nostro alleato soltanto per pochi metri. Spingiamo la moto per raggiungere la strada principale, lasciando alle nostre spalle un ubriaco svenuto in mezzo al cammino che dalla sottile fessura dei sui occhi, tenta di capirci qualcosa. Il cellulare diventa così il nostro unico mezzo di salvezza. Mentre aspettiamo che qualcuno ci raggiunga, passano 3 camion con a bordo gli operai dell’Ingenio San Antonio (impresa del mono coltivo della canna da zucchero). Ovviamente invece di fermarsi per darci una mano, pensano bene di fischiarci e tirarci qualche piropos (termine che si utilizza per “innamorare” le donne con commenti e fischi).

Ci raggiungono finalmente il marito e il cugino di Delfina che ci portano all’incrocio principale dove un meccanico avrebbe risolto il problema, non prima di spingerci per otto chilometri in sella alla sua moto, servendosi del proprio piede, per raggiungere il garage di Chinandega.

Giunti finalmente nella città di Chinandega, Delfina mi domanda? “Ma dove lavoravi in Svizzera ti è mai capitata una cosa simile”. Inclinando il capo e sbarrando gli occhi, gli rispondo: “la cosa più eccitante che mi sia capitata è stato bucare una ruota e aspettare il TCS che venisse a cambiarla!!”

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