Nessun rifugio sicuro: Civili sotto attacco nella Striscia di Gaza

16 Novembre 2012

Siamo al terzo giorno degli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza. Scriviamo questo comunicato nel mezzo del suono incessante dei bombardamenti, che sono proseguiti per tutto il giorno di ieri, nel corso della notte e oggi. L’escalation militare portata avanti dall’esercito israeliano continua su tutta la Striscia. Da Gaza City, sentiamo il rumore incessante dei droni e dei caccia F16 che irrompono nel cielo sulle nostre teste. Le bombe ci cadono ripetutamente attorno, colpendo aree densamente popolate. Finora le forze aeree israeliane hanno condotto più di 500 bombardamenti, portando a 29 il numero dei morti. Più di 255 persone sono state ferite dagli attacchi, la gran parte dei quali civili, tra cui 100 bambini. 30 sono le persone in condizioni critiche.

Le aree colpite includono Beit Hanoun, il campo rifugiati Jabalia, i quartieri di Sheikh Radwan e al-Nasser a Gaza City, il campo rifugiati di Maghazi, Deir El Balah, Khan Younis, e l’area dei tunnel a Rafah.

Nella giornata di ieri, 15 novembre, abbiamo visitato l’ospedale Al Shifa a Gaza City, dove è stata portata la maggior parte dei feriti. Abbiamo parlato con i dottori, i pazienti e i loro parenti, vittime degli attacchi in corso nella Striscia di Gaza. Condividiamo alcune delle storie delle persone che abbiamo incontrato.

Salem Waqef. Salem Waqef, un uomo di 40 anni, è stato gravemente ferito quando la sua casa è stata distrutta da un attacco la mattina presto del 15 novembre. I suoi dottori dicono che Salem ha subito danni cerebrali a causa della mancanza di ossigeno. E’ stato portato in terapia intensiva alle 5 del mattino. E’ al momento in coma e secondo i dottori in condizioni difficili.

Verso le 13:10, quando lasciavamo la sala di terapia intensiva, una bambina di 10 mesi, Haneen Tafesh, è stata portata in corsia. Era incosciente e il suo corpicino era livido. Aveva subito la frattura del cranio e un’emorragia cerebrale, causata da un attacco avvenuto intorno alle 11 nel quartiere di Sabra a Gaza. Era in coma sotto ossigenazione artificiale. Più tardi nel pomeriggio, abbiamo ricontrollato come stava e i dottori hanno detto che le sue condizioni erano peggiorate. Dopo essere ritornati a casa la sera, abbiamo ricevuto la notizia della sua morte.

Ahmed Durghmush Ahmed Durghmush ha una ventina di anni ed è stata portato allo Shifa in terapia intensiva verso le 21 di Mercoledì 14, dopo essere stato ferito da un attacco aereo che ha colpito il quartiere di Tel Al Hawa a Gaza City. Ha subito un trauma cerebrale causato dalle schegge di un missile esploso. All’arrivo di Ahmed, il Dr Fauzi Nablusia ha spiegato che soffriva di un’emorragia cerebrale ed era stato operato. Le sue condizioni sono peggiorate nel corso della giornata. Un parente di Ahmed vicino al suo letto si è sfogato dicendoci di sentirsi impotente e di avere paura per la sorte di Ahmed.

 Basma Mahmoud el Tourouq. Il pronto soccorso è stato inondato dagli arrivi dei feriti durante tutto il giorno. Tra di essi è arrivata Basma Mahmoud el Tourouq, 5 anni, dal quartiere di Rimal a Gaza City. E’ stata ferita dal bombardamento avvenuto vicino alla sua casa intorno alle 14:30 del pomeriggio. L’onda d’urto dell’esplosione l’ha scaraventata dall’altro lato della stanza, la brusca caduta per terra le causato la frattura dell’avambraccio. Abbiamo poi sentito le storie di alcuni tra i bambini, le donne e gli uomini feriti e dei loro parenti che sono stati ricoverati in diversi reparti dell’ospedale Al Shifa.

Mohammed Abu Amsha, due anni e mezzo, è stato ferito mentre sedeva di fronte alla casa di suo nonno a Beit Hanoun.Un F16 ha sparato un missile nelle vicinanze e dopo l’esplosione le macerie l’hanno colpito alla testa. Quando stavamo per andarcene, abbiamo saputo che anche lo zio di Mohammed era stato ferito.

Zuhdiye Samour, madre e nonna, del campo rifugiati di Shati a Ovest di Gaza City, era ancora visibilmente scossa da quello le era accaduto, quando ci ha raccontato: “Eravamo seduti insieme a casa. Erano le 20:30 di sera e stavamo guardando la Tv, dei film per distrarre i bambini che avevano paura. Poi, abbiamo sentito i botti di 12 colpi di artiglieria sparati dalle navi della marina israeliana”. Zuhdiye e altri tre civili sono stati feriti quando i proiettili sono esplosi nella loro zona abitata a nord di Gaza City.

Khalid Hamad, il direttore della Pubblica Informazione del Ministero della Giustizia, è stato uno dei civili feriti nell’attacco indiscriminato di un’area residenziale. Era a casa con la sua famiglia a Nabarat, Nord di Gaza City, quando ha sentito l’esplosione di una bomba, che ha colpito la casa del vicino. Molte persone del vicinato sono accorse fuori per aiutare e sono state colpite da altri sei proiettili sparati dalle navi. Il nipote di Hamad, un adolescente, ha riportato ferite lievi. Anche un altro uomo è stato ferito dalle schegge dei proiettili. “Hanno colpito i civili deliberatamente”, ha detto, “le forze israeliane non fanno errori”.

Duaa Hejazi, una ragazza di 13 anni, stava tornando a casa sua a Gaza, nel quartiere di Sabra, dopo una camminata con sua madre e i fratelli, quando un missile israeliano ha colpito la strada di fronte alla loro casa intorno alle 8 di sera. “Ho perso molto sangue. Anche mio fratello è stato ferito, alla mano. I vicini mi hanno portato all’ospedale”. Duaa ha riportato ferite causate dalle schegge delle bombe su tutto il torace, alcune delle quali ancora conficcate nel petto. Lei vorrebbe trasmettere un messaggio ai bambini che vivono fuori da Gaza: “Siamo bambini. Non abbiamo colpe per quello che stiamo subendo. Siamo sotto occupazione e, così come Abu Ammar, dico “se sei una montagna, il vento non ti scuoterà”. Noi non abbiamo paura, continueremo a essere forti.

Anche oggi abbiamo incontrato il Dott. Mithad Abbas, Direttore Generale dell’ospedale Shifa. Quando gli abbiamo chiesto in che modo l’ospedale stia affrontando l’arrivo dei pazienti ci ha risposto: “Quando arrivano questi casi in ospedale, ci troviamo ad operare in circostanze straordinarie. Siamo in una situazione di assedio, di embargo, per la quale soffriamo della mancanza di medicinali e forniture mediche di prima necessità”. L’ospedale non possiede molti medicinali e strumenti fondamentali, quali antibiotici, cateteri, anestetici, guanti, tutori esterni, eparina, materiali di sutura, detergenti e pezzi di ricambio per macchinari medici. L’ospedale possiede anche di una riserva di carburante, che fornisce energia durante iquotidiani tagli dell’elettricità. Se i tagli dell’elettricità dovessero raggiungere le 12 ore giornaliere, il Dott. Abbas ci ha detto che in tal caso l’ospedale avrà carburante sufficiente per fornire l’elettricità per non più di una settimana.

Il personale dell’ospedale sta affrontando scene caotiche e cariche di tensione, in quanto corridoi e stanze sono diventati sovraffollati, con persone che provano ad accertarsi dei propri parenti e amici feriti. Il Dott. Abbas racconta: “le persone entrano nel pronto soccorso in panico, cercando i propri familiari. E’ molto difficile gestire tutto ciò”.

Nessuno sa dove colpirà il prossimo missile, nessuno sa dove potrà essere al sicuro. I genitori non sono in grado di tenere i propri bambini al sicuro, e neanche a trasmettere loro un senso di sicurezza”.

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