La toma del Fortín

Il giorno della liberazione del Nicaragua dalla dittatura dei Somoza sta per giungere. Il 19 di luglio avranno luogo i festeggiamenti e i ricordi di quella storica giornata. Intanto le strade di León si tingono di rosso e nero, i memorabili colori del Frente Sandinista de Liberación Nacional (FSLN). Nel lontano 7 luglio del 1979, questa città, nominata capitale della rivoluzione, fu la prima a liberarsi dalla dittatura conquistando l’ultimo avamposto della Guardia Nacional.

La ultima ostilità dell’esercito di Somoza era appunto il Fortin. Un carcere che si ergeva su un piccolo promontorio che dominava l’intera León dove venivano imprigionati e torturati i ribelli. Da qua l’esercito bombardava e teneva sotto controllo i movimenti del FSLN. Poco tempo fa visitammo questo sito, un blocco di cemento abbandonato. Si potevano distinguere solo cattivi odori e scritte sui muri. L’atmosfera che ci avvolgeva era decisamente angosciante. Forse era l’autosuggestione o le pareti, testimoni diretti di torture atroci, riuscivano in qualche modo a trasmettere percezioni disperate.

Per ricordare questo storico giorno, tutti gli anni viene organizzata una marcia che parte dal Parque Central e arriva dopo circa 2 km al Fortin, dove quest’anno il sindaco della città ha tenuto un discorso di commemorazione.

Seduto al lato della strada, il numeroso corteo animato dallo sventolio delle bandiere del FSLN e del Nicaragua, scorre davanti alla mia curiosità. Alla musica sparata a tutto volume da grandi altoparlanti, fanno da cornice gli immancabili e potenti scoppi dei tipici morteros e dall’alternanza di slogan storici e slogan di propaganda elettorale che acclamano l’attuale presidente Daniel Ortega. Mentre mi sto gustando il pittoresco spettacolo, un uomo dall’età indefinibile si siede vicino a me.

Iniziamo a parlare. I suoi segni che solcano il viso fanno contrasto con la luce viva dei suoi occhi. <<Tutto è nato da un movimento di studenti>> mi dice orgoglioso. <<Era un movimento studentesco di Managua. I fondatori che erano Jose Carlos Fonseca Amador, Silvio Mayorga e Tomas Borge Martinez, furono con tanti altri compagni i padri della rivoluzione. Lottarono al fianco del popolo, per il popolo>> mi dice con fermezza. Dopo qualche istante di silenzio borbotta a denti stretti <<lui invece vive solamente del popolo.>> <<Come?!>> Gli dico non capendo a chi si riferisse. <<Si hermano, fu imprigionato e ritornò sul campo solo quando ormai la rivoluzione era finita.>> E avvicinandosi al mio orecchio sinistro con voce fioca mi mormora <<adesso guarda che tristezza! La maggior parte della gente è qui soltanto perché sono obbligati a partecipare o perché gli danno qualche maglietta con scritto amore,pace e vita, un maiale o una gallina.>>

Spia reazionaria o malinconico romantico della rivoluzione?

3 risposte a “La toma del Fortín

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